La conquista più urgente da conseguire nella vita consiste in tattva viveka: la capacità di discernere la realtà dalle apparenze, l’eterno dall’effimero, il sé dal non sé. Diventare consapevoli che siamo esseri eterni è ben diverso dall’esserlo senza saperlo: tale realizzazione produce un sostanziale innalzamento della qualità della vita. Pensate ad un ricco che non sa di esserlo, e che perciò vive di stenti! Così avviene per l’essere che ha natura di eternità ma che, identificato con il mondo delle apparenze, tra cui il proprio io storico, è angosciato dall’idea di morire, dal pensiero di dissolversi nel nulla.
Re Puranjana, la cui storia è narrata nel Bhagavata Purana, viene colto dal terrore della morte al solo pensiero di perdere tutto ciò che possiede. Sì, è vero: la morte porta via tutto, ma potremmo anche affermare che la morte non porta via nulla. Se una tale affermazione vi apparisse contraddittoria, sappiate che non lo è. Infatti, la morte c’impartisce una delle lezioni più importanti della vita, mostrandoci l’irrealtà di tutto ciò che è temporale e, in pari tempo, la realtà dell’Amore che trionfa sulla morte.