La morte viene socialmente vissuta come un tabù, un concetto cupo da cui rifuggire e da temere, termine ultimo della vita e di ogni piacere ad essa connesso.
Contrariamente a questo punto di vista, la tradizione bhaktivedantica ci insegna a non vedere nascita e morte come opposti estremi del segmento vita, ma piuttosto come infiniti punti di una circonferenza rappresentante l’intera esistenza; in virtù di tali premesse la psicologia del ciclo della vita permette di offrire un valido sostegno a coloro che, più o meno prematuramente, sono chiamati a confrontarsi con l’evento morte direttamente o indirettamente.