Marco Ferrini ci conduce nelle profondità della psiche umana. Profondità che a volte si tingono del colore delle tenebre, altre si accendono della luce della grazia divina. Tra luci e ombre, tra vizi e virtù, l’essere umano è prigioniero di un’ambivalenza che riflette il suo paradosso di scintilla divina intrappolata nella materia, dei condizionamenti psichici e del corpo grossolano.
I due miti di Ganga e Medea, nella loro valenza archetipica, riflettono questa drammatica dualità. La libertà si contrappone alla dipendenza, la lealtà al tradimento, l’eros all’Amore. L’azione sembra talvolta somigliarsi nella due grandi protagoniste femminili, ma la motivazione che sottende all’agire ci permette di discriminare con attenzione. Ed è la qualità della nostra motivazione a determinare la qualità delle nostre relazioni. La conflittualità scaturisce da una attitudine egoica, così come la pace è figlia di un autentico spirito di sacrificio.
Il mito travalica le barriere del tempo. La madre che uccide i propri figli: una tematica di ieri e di oggi. Il mito travalica pure i limiti dell’esistenza umana e con la grandiosità della sua narrazione ci nutre del senso stesso della vita e dell’ordine che governa l’universo, il dharma.