“Sulla riviera adriatica, a Pinarella di Cervia, dal 6 all’11 aprile, il Prof. Marco Ferrini ha tenuto un Seminario sul tema “Viaggio in Paradiso nella Bhagavad-gita e nella Divina Commedia”.
Proseguendo il lavoro iniziato nel Seminario di fine anno che faceva riferimento al viaggio dantesco nelle dimensioni ultraterrene dell'Inferno e del Purgatorio, in questa occasione Ferrini ha incentrato lo studio sulla Cantica del Paradiso, sempre in un vivace e stimolante confronto con alcune delle più importanti opere della tradizione indovedica, in particolare Bhagavad-gita, Purana e Upanishad.
Le lezioni hanno incluso la lettura diretta e il commento di alcune parti scelte dell'opera di Dante e dei testi classici indiani, soprattutto la Bhagavad-gita, per spiegare le varie concezioni di salvezza, di mondi spirituali, di Cieli e di Paradisi nelle due tradizioni a confronto, proponendo l’analisi di interessanti prospettive ultraterrene e metafisiche che tracciano il percorso in ascesa verso le vette più luminose della coscienza, svelando il mistero e il senso più alto della vita.
Nella lezione introduttiva il relatore ha sottolineato la difficoltà di affrontare un tema come il Paradiso: “Se di Inferno e Purgatorio l'uomo fa spesso esperienza, la comprensione del mondo spirituale risulta invece difficilmente accessibile, poiché con l’ausilio della sola ratio non è possibile cogliere la realtà della dimensione celeste e soprattutto di quella trascendente”. Tuttavia, sulla scia di concetti ed immagini illuminanti trovati nelle opere trattate e con il prezioso supporto delle spiegazioni fornite, l’analisi anagogica del testo ha potuto procedere con successo.
Dante non racconta la terza Cantica attraverso un linguaggio prettamente teologico, ma lascia parlare soprattutto visioni ispirate, intuizioni ed immagini, così come gli antichi rishi della tradizione indovedica nelle loro opere eccelse, che svelano con un linguaggio altamente simbolico realizzazioni profonde colte in stato meditativo, in intima connessione con il Divino.
Nel viaggio verso il Paradiso Dante non si perde perché guarda fisso negli occhi di Beatrice, non donna terrena bensì la sua anima, che lo guida personalmente nell’ultimo tratto del viaggio, laddove il Poeta ha abbandonato tutte le ambizioni dell'ego e ha deliberatamente scelto di porsi in ascolto del suo sé profondo, da esso traendo completo appagamento e gioia. Krishna spiega ciò mirabilmente nella Bhagavad-gita (II.55): “Quando una persona si libera da ogni tipo di desiderio egoico generato dai condizionamenti mentali e quando la sua anima trae soddisfazione soltanto dall'anima, significa che è situata nella pura coscienza spirituale”.
Dante non è ancora totalmente libero dalle preoccupazioni per i mali che affliggono il genere umano e d’altronde nessuno lo critica per questa sua compassione, che anzi, non avendo più connotazioni egoiche è una delle principali virtù che consentono la sua ascesa al Cielo. Compassione e misericordia, come spiegano anche la Psicologia e la Spiritualità indovediche, sono infatti due tra le qualità principali del ricercatore spirituale, perché la connessione al Divino non può prescindere dal ristabilire una relazione armonica anche con il Creato e le creature.
I dannati sono tali perché non vedono soluzione: nel buio infernale domina incontrastato l’ego con i suoi condizionamenti e in particolare con la sua tendenza ad incolpare gli altri del proprio malessere; nel Purgatorio coloro che stanno aggiustando i guasti del carattere lo fanno cantando: si intravede la luce oltre il tunnel e prende forza la speranza; in Paradiso tutti sono gentili, generosi, ridenti, appagati e ovunque riecheggiano musiche divine d'ineffabile dolcezza, che tutto pervadono e che esprimono suprema unione nel Bene e nella piena adesione alla volontà divina. Così come impostando male la vita si può sperimentare l’Inferno qui ed ora, ha ricordato il relatore, allo stesso modo qui ed ora è altrettanto possibile attivare dinamiche che ci fanno sperimentare la libertà, la gioia, l’armonia e l’amore propri del Paradiso. Il libero arbitrio può rendere l’uomo dannato o beato: sarà lui a scegliere con i propri desideri ed atti.
Per procedere verticalmente verso le regioni celestiali, che più che luoghi fisici sono dimensioni della coscienza, Dante aveva dovuto bagnarsi nei fiumi Letè ed Eunoè ed attraversare infine la barriera di fuoco: chiari simboli, questi, che alludono ad un processo di purificazione, di emancipazione, di svincolamento dalle tendenze egoiche per superare la forza centripeta della nevrosi e dell'alienazione dal proprio sé spirituale, gettando il cuore oltre l’ostacolo grazie alla misericordia divina. Con un termine coniato proprio da Dante Alighieri potremmo dire che per raggiungere le vette più luminose della coscienza occorre “trasumanar”, superare cioè i limiti della natura umana e guardare il mondo con gli occhi dell'anima, quelli che Krishna dona ad Arjuna per contemplare la Sua Forma Divina, espressione della Coscienza universale.
Il perfezionamento del carattere ha inizio da quando rompiamo le catene che ci trattengono all’inferno, nel ristagno esistenziale, poi prosegue con fiducia nella fase di purificazione-redenzione e infine, se non si commettono più errori, si accede al mondo luminoso dell’Amore, riconosciuto anche nell'opera dantesca come supremo fine da raggiungere e massima espressione della spiritualità, in completa sintonia con le opere classiche della tradizione della Bhakti.
Anche nella visione di Dante e in generale nella cultura cristiana, si giunge al Padre Celeste per intercessione della Madre divina, in questo caso Maria, che presenta molte analogie con Shrimati Radharani, personificazione del supremo Amore descritta nei testi della Bhakti. Entrambe le due Figure, manifestazioni dell’aspetto femminile di Dio, ospitano in Loro le qualità dell’accoglienza, della compassione e della misericordia, ed è in virtù di tali eccelse espressioni di Amore che Dante può “ficcar lo viso per la luce etterna”.
Come di consuetudine il Seminario è stato arricchito da numerose attività interattive, che orbitando attorno al programma centrale hanno offerto musiche e canti spirituali, rappresentazioni teatrali, letture da testi tradizionali, passeggiate sul mare, gustoso cibo vegetariano, incontri di studio e ripassi organizzati per i numerosi corsisti dell’Accademia di Scienze Tradizionali dell’India presenti, alcuni dei quali hanno potuto sostenere gli esami ed anche assistere ad una cerimonia di consegna degli attestati di studio.
Il tempo è volato e come sempre tutti si sono ritrovati ben presto e a malincuore con i bagagli in mano, arricchiti però da una consapevolezza più elevata, da tanta gioia e da un accresciuto entusiasmo nella ricerca interiore.