Il Mahabharata è parte essenziale del corpus sapienziale della letteratura vedica. In particolare, appartiene a quel gruppo di testi che, sotto l’appellativo di smriti o tradizione, raccoglie quanto i rishi vedici ci hanno donato come frutto della loro elaborazione sui temi della letteratura sacra. Il Mahabharata è quindi un ampio panorama che giunge a noi dalle regioni dell’Assoluto, dove ogni cosa appare nella sua forma autentica, non alterata dalla lente deformante dell’illusione, di Maya.
Con il Vana Parva, la terza sezione dell’opera, ancor più che in precedenza, è posto in rilievo il valore degli insegnamenti che, offerti da grandi saggi ai Pandava, in esilio nella foresta, rappresentano il filo conduttore della narrazione. È intorno a questi insegnamenti che i nostri eroi si riuniscono, riuscendo a conciliare differenti caratteri e prospettive in vista di un fine comune, di un ideale sacro. E così le differenze diventano una straordinaria ricchezza.
Questa può essere per la donna e l’uomo contemporaneo, la lezione più importante: riscoprire il dharma, una prospettiva superiore e onninclusiva che permetta di superare i limiti di un arido individualismo, e promuova una collaborazione volta al beneficio evolutivo di ciascuno.
In questo terzo libro spicca la figura di Yudhishthira, la grandiosità del qui carattere trova il suo fulcro nel fidente abbandono alla volontà divina, fondamento della sua fermezza e lungimiranza.
Lettura e commento di Vana Parva (Il Libro degli Insegnamenti della Selva) cap. 1-12