Il Mahabharata, con i suoi picchi e i suoi abissi, con la smisurata ampiezza delle sue braccia, ci invita a tuffarci nella vita pulsante delle sue acque. Ci invita a un viaggio nel reame della conoscenza, he non è offerta nella forma di asciutti e conseguenziali insegnamenti, ma nel moto travolgente della narrazione. L’esperienza di un ascolto attento e consapevole, cui costantemente l’opera ci stimola, permette a ciascuno di noi di assimilare profondamente esperienze pregne di significato, e di ritrovarci così arricchiti di strumenti efficaci per rispondere con equilibrio, distacco e consapevolezza, alla moltitudine di eventi e di fenomeni che quotidianamente ci investono nel nostro viaggio esistenziale; oltre i turbinii di euforia e disperazione.
Il Mahabharata ci insegna a valorizzare la logica e il ragionamento, ma a porre sull’ “altar maggiore” la virtù, la purezza, la coerenza, la lealtà, la fede. Ci restituisce così a quella sensibilità e pietà che permette di gioire dello spettacolo della vita, intendendolo come offerta d’Amore di Dio: non ridurre l’arcobaleno a un fenomeno di gas e rifrazione; la vita a un insensato susseguirsi di accadimenti sconnessi; il Mahabharata a un groviglio di storie per il nostro intrattenimento. Ampliare piuttosto la nostra mente a una visione sintetica che, rispettosa dell’analisi, non rimanga da questa schiacciata e soffocata. Il Mahabharata è il grandioso, corale canto della vita.
Lettura e commento di Adi Parva (Il Libro delle Origini) cap. 36-83